I talebani attaccano e uccidono civili e forze di sicurezza; irregolarità e brogli elettorali fanno il resto

Peggiora anche la situazione della sicurezza ad Herat, l’area di responsabilità italiana: solamente la metà degli elettori si è iscritta al voto

L’intervista di Claudio Bertolotti a Radio Radicale – Spazio Transnazionale del 19 ottobre 2018 (dal minuto 25)

20 ottobre: Afghanistan al voto. A descrivere la difficile situazione afghana nel giorno delle elezioni, insieme agli attacchi dei talebani e i brogli elettorali riscontrati fin da subito, sono i numeri.

La commissione indipendente elettorale (IEC – Independent Electoral Commission) riporta che circa 9 milioni di cittadini si sono registrati per esercitare il loro diritto al voto sui 12 milioni previsti. Numeri che sembrano troppo positivi per essere veri, considerando che 12milioni di afghani vivono in aree sotto controllo o contestato dai talebani, il 35% dei 34milioni totali. Brogli ed irregolarità sono stati rilevati sin dall’apertura dei seggi: nomi non presenti nelle liste, certificati elettorali rilasciati in man iera irregolare.

Peggiora la situazione a Herat, area di responsabilità italiana

E la situazione di Herat, area a responsabilità italiana a ovest del Paese, dove è eschierato il contingente di 900 militari, è emblematica. Pur esssendo una delle zone meno toccate dal fenomeno insurrezionale – il che però non significa che sia sicura – solamente metà degli aventi diritto si sono registrati per poter votare: 500mila su un milione; e la minoranza hazara è quella che meno di tutte ha partecipato alle operazioni di registrazione: 26mila sui 60mila cittadini. Numeri che, affiancati a quelli relativi agli attacchi sempre più violenti e all’espansione dei gruppi insurrezionali nell’area italiana, devono far riflettere.

Il voto è un test per le elezioni presidenziali di aprile 2019

3,5 anni: è iltempo trascorso tra la fine del mandato naturale del parlamento afghano e le elezioni per il suo rinnovo. Un ritardo che getta ombre su un sistema statale che non funziona, è colpito da gravi episodi di corruzione e inefficienza e che, a causa di una sostanziale incapacità di governo dell’anomala diarchia Ghani-Abdullah, paga il prezzo di un compromesso politico che fa della democrazia un’esperienza fallimentare per l’Afghanistan. I cittadini hanno scarsa fiducia.

6 mesi: è il tempo che manca alle elezioni presidenziali, per le quali l’appuntamento elettorale del 20 ottobre rappresenta un test di verifica, da un lato, della capacità dello Stato di gestire elezioni su scala nazionale e, dall’altro, dell’orientamento di un elettorato sempre più ridotto e frammentato, a causa della mancanbza di controllo territoriale da parte delle istutuzioni centrali dello Stato e delle sue forze armate, sempre più in crisi e a rischio di collasso.

In tale quadro, i talebani hanno minacciato e portato a compimento attacchi ai seggi elettorali, ai candidati (circa 30 azioni violente), ai rappresentanti dello Stato, come l’attacco di successo che ha portato alla morte del comandante della polizia di Kandahar, il generale Abdul Raziq, e del capo dell’intelligence provinciale.

Al tempo stesso, i talebani sono riusciti a chiudere alcune principali strade di collegamento con le capitali provinciali.

 

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